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PECE

PECE
La logica si infrange quando non si ha voglia di staccarsi, quando il bisogno e' quello di rimanere aggrappati

ANOMALIE ARMONICHE

ANOMALIE ARMONICHE
SE lO RITIRNI NECESSARIO SONO, MMMMM, SIAMO ANCHE QUI

sabato 30 gennaio 2010

Hai ancora le cicatrici sulle scapole,
i segni lasciati da quel muro,
su cui sei rimasta appoggiata per troppo tempo.
Solco con le dita le orme delle fughe dei mattoni,
cotti nel forno con quell'argilla mista al cinismo.



E con le mie lame scavo per levare quelle spine,
che ti hanno allontanato dalle aspettative,
mischiando l'amaro sapore della terra dei tuoi passi,
quelli che ora si sciolgono in me,
lanciandoti schizzi di sereno colore
rigando quel buio che ci avvolge.


Ora che ti sei staccata dal muro,
hai lasciato che la tua anima sprofondasse nel mio petto
e i nostri occhi si accorgono di vedere oltre quel vetro,
che ne colora le pupille,
la stessa visione,
lo stesso pensiero,
la stessa strada.


E da questo nero buio,
che ci culla,
note assordanti di un silenzio armonioso,
si liberano per colorare il vento.



Lasciami affondare le dita tra le tue onde,
per dare voce all'alba del tempo.

mercoledì 27 gennaio 2010


Lascio scendere le mie dita lungo la tua schiena,
che ha perso l'impronta delle fughe dei mattoni
del muro su cui era poggiata.
Le tue labbra si socchiudono,
sul viso appena girato,

invitandomi.

Il mio respiro sibila tra la seta dei legami,
che pian piano si sciolgono scuotendo la tua pelle,
le unghie seguono il loro percorso,
scavando in te la mia presenza,
che imprime come un pennino il suo invchiostro,
mischiandolo al sangue che scorre in Noi,

come un unico rivolo di vita.


Spezzo ogni vincolo
superando ogni dubbio.
Spazzo quell'oscurità,
che per tanto ha celato la tua anima,
tenendola appesa ad un filo invisibile,
liberando le ali ai sogni,
che ora i tuoi occhi vedono con i miei
ed i miei coi tuoi,
lasciando che il silenzio faccia da musica
alla nostra antica empatia.

Afferro quelle redini che ci legano,
all'esclusività che rende un unico intero
e lascio che le gocce della tua indecenza le percorrano,
colando la brama di possedere ciò che è tuo.

Affondi nel mio petto,
ti avvolgo della mia sicurezza,
mi circondi della tua purezza.
E non c'è suono anche se c'è armonia
ed è buio anche se c'è riflesso,
ed è freddo anche se ardiamo di Noi.
Ed è casa.....

giovedì 21 gennaio 2010

Dire che vorrei che il destino cadesse su di noi è sbagliato,
perchè noi siamo il destino e le nostre dita lo stanno scrivendo sulla nostra pelle.
Strisciando lungo i fianchi
e aggrappandosi alle spalle,
mentre intingi la tua unghia nel mio sangue
e la lasci penetrare nella mia carne,
stringendo i mie capezzoli .


E la luce fioca della candela,
trema con noi l'oscuro che ci avvolge,
rilucendo nelle lettere di cera rovente,
che si stampano allargandosi su di noi.
Mentre alla finestra la tesa del nero cappello,
si alza,
lasciando entrare quel sospiro che gli manca,
la vita.


E l'acciaio del piercing preme sul tuo ventre,
seduta sul freddo laminato
e le tue cosce mi avvolgono di bagnato stupore.


Tengo stretta la tua anima nelle mie mani,
lasciando che i tuoi piedi scalzi calpestino la mia,

tracciando con un dito
i cerchi nell'indecenza del tuo sapore.
E il vento scrive il destino
sullo specchio dell'acqua che lo avvolge.

venerdì 15 gennaio 2010

Oramai non sono tanti i giorni che passiamo distanti
e l'odore che impregna la nostra pelle,
riempe le nari
e basta un semplice tocco,
a quello che potrebbe sembrare solo aria,
per avvertire la tua presenza.




Abbiamo atteso per tanto tempo al buio,
là dove ci siamo incontrati,
dove la luce non entra e si infrange su invisibili porte,
che abbiamo deciso di schiudere
in quella sensazione che il momento era arrivato.


Eppure non sapevi che viso avessi,
conoscevi appena il suono della mia voce,
che pian piano ha rotto il canto del silenzio,
facendolo suo.
Là nell'oscurità buia,
dove non ci sono ne limiti ne ripari,
dove il muro perde i suoi contorni,
dove il suono non ha direzione,
se non il crepitare dello spacco di una nota nel silenzio.

Ed è stato solo un istante
e la mia voce era dietro di te,
legando le mani sul tuo capo,
lasciandoti sprofondare nel mio petto.

Che gusto che ha il caffè,
che spande il suo aroma trasportandolo nello spazio,
mischiando i nostri sapori sulle labbra
e spingendoli in noi con la punta della lingua,
mentre i tuoi artigli tirano la stoffa sulle mie cosce
e ti appoggi a me strisciando il tuo corpo
e il mio respiro si fa strada tra la criniera di un unicorno
e le mani sorpassano elastici che legano la tua rosa.
Che sapore ha il silenzio,
giocato tra le umide labbra di un desiderio,
che urla dal passato,
come se la nostra vita che è nella memoria che abbiamo,
fosse stata solo una pausa.

Ed entro in te con la tua anima tra le mani,
lasciandoti entrare in me.
E' solo un istante,
che non cambia la vita,
perchè è la vita.

martedì 12 gennaio 2010

Diritto di indecenza


Per ciò che ti hanno fatto credere,
per come hanno cercato di vestirti,
cancellando le tracce di te,
donna,
sulla tua pelle,
nel tuo respiro.
Per la punta tagliente delle tue unghie,
che penetra nella mia carne,
strappando il mio desiderio,
unendolo al tuo,
lasciandolo scorrere lungo le pieghe della schiena.

Camminare con mani rapaci
lungo le linee delle tue spalle,
dei tuoi fianchi,
mentre il tuo capo si appoggia al mio petto,
offrendo il collo come pasto
alla mia furia.
Dei tuoi artigli che mi strappano la pelle,
mentre il tuo corpo ritma il suo tremito su di me,
come un'onda che sbatte sulla riva su cui è approdata,
liberandosi di tutte le paure,
di tutti quei mostri,
che hanno solcato il muro su cui eri appoggiata.
Mentre abbassi ancora un poco lo sguardo
e la rosa cola il tuo piacere
e le mie mani si riempono dei tuoi seni,
che rinati,
tirano le funi,
quasi increduli,
da cui pensavi di esser slegata.
E i tuoi denti mordono i colori dell'arcobaleno,
rigando l'arco sul nero del mio torace,
afferrando i miei lombi,
tirandoli nel tuo desiderio di donna
e le mie dita giocano audaci
nella nostra totale appartenza.



Indecenza è stato....
non saper abbracciare una rosa,
per la paura di pungersi con le spine.
Questa non lo è.